Giovanni Battista di Jacopo
detto ROSSO FIORENTINO
Firenze 08/03/1495- Fointainbleau 14/11/1540
Il Vasari lo definisce un uomo colto amico di letterati (come l’Aretino) ma, essendo Vasari un artista cortigiano totalmente asservito al “principe”, nutre profonda antipatia verso colleghi a loro modo liberi, e gli attribuisce il difetto di eccessiva indipendenza di giudizio. Troppo forte, per Vasari, l’attaccamento di Rosso, ai valori etici della Repubblica Fiorentina.
Rosso amava estremizzare e la sua “contraria opinione”, lo poneva sempre a tenere un punto di vista indipendente e critico, ci dice Cellini che avendo tanto detto male di Raffaello, i suoi discepoli lo volevano “ammazzare”.
Per avvicinarsi a lui analizziamo velocemente le due deposizioni
DEPOSIZIONE di Volterra (1521)
Nell’opera utilizza con spregiudicatezza un linguaggio personalissimo, dove il controllo dell’equilibrio della composizione entra in opposizione con l’astrazione del disegno e la violenza dei colori.
In questa tavola si legge come Rosso creda solo in ciò che è umano, rifiutando ogni richiamo alla mistica comune. E quindi nel gruppo di donne si vede la continuità della vita, nella presenza di Anna con Maria e Elisabetta e ai loro piedi una Maddalena con un acconciatura e un abito richiamante un dì di festa? (…il suo matrimonio?)
Sottolineando con forza nel chiudere in alto la tavola con un corpo, che non c’è niente al di fuori dell’uomo, ne tantomeno al di sopra di esso
DEPOSIZIONE di Sansepolcro ( 1528)
L’opera è successiva al sacco di Roma del 1527, durante il quale Rosso ”fu fatto prigionero dai tedeschi e molto trattato male” (v. Vasari)
Dopo la liberazione viene la nuova deposizione di Sansepolcro, il tema è qui visto come compianto del cristo morto (allegoria della chiesa!).
E… abbandonando ogni qualsiasi rapporto con la realtà si pone alla ricerca di un raffinato individualismo.
Opponendosi con forza alla “maniera” e agli “stilemi” della Pietà Vaticana di Michelangelo, con presenze inquietanti che vogliono alludere alla violenza della “realtà”, essendo in lui profonda la cultura Leonardesca che lo riconducevano sempre ad una riflessione con se stesso e con la “sua” realtà.
Sono qui evidenti i ricordi della tragica esperienza vissuta e pur restando citazioni a quella di Volterra (ma lo sfondo è ora cupo), riemergono Donatello del pulpito di S. Lorenzo e Paolo Uccello del chiostro verde di S.M.Novella, da lui mai dimenticati riferimenti!
Arrivando ad inserire un ricordo della scimmia ( la chiamava Bertuccione) con cui viveva e a cui, pare, voleva insegnare a dipigingere, che già aveva inserito anche nell’assunzione di Maria in SS.Annunziata ( Firenze)
Spesso sembra lontana la vita di persone che invece tanto ci sono vicine…
e Rosso, che della polemica e del libero pensiero, fece la sua forza, ancora ci invia messaggi
tanto attuali, che ci dovrebbero invitare a riflettere… per questo parliamo di lui.
Daniele Falco